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Giuseppe Guttilla
 

Pro Loco di Ciminna

Presso Museo Etnografico di Ciminna

Via Roma n. 92 – 90023 Ciminna

Quadernetto n. 5 della Pro Loco di Ciminna
Luigi La Porta eroe nazionale

Passiamo ora a Luigi La Porta eroe nazionale che contribuì attivamente alla liberazione della Sicilia assieme a Giuseppe Garibaldi, prima e durante la spedizione dei mille.

La storia comincia nel 1848. Il 6 febbraio il popolo ciminnese, si radunò alla Chiesa Madre per cantare il Solenne Te Deum in ringraziamento della libertà acquisita dalla Sicilia. Finita la Sacra funzione, il popolo uscì con la bandiera tricolore, andò in casa dell’esattore comunale Giuseppe Di Blasi e bruciò tutte le carte di quell’ufficio. Infine passò dall’abitazione del Cassiere comunale Rosario Bondì e qui si ebbe un grave fatto di sangue.

Il Bondì, prevedendo un assalto di popolo, stupidamente pensò di prepararsi alla difesa facendo chiudere dentro la sua casa alcuni individui armati per resistere a qualunque violenza. Quando però la folla fu sotto casa sua, era già notte, uno di quegli individui, si affacciò da una finestra e sparò sulla gente, forse per intimorirla.

Ma quel colpo di fucile fu il segnale della lotta, perché il popolo, inferocito da quell’atto, entro dentro casa, gli individui prezzolati dal Bondì fuggirono nella confusione ed il povero Bondì fu trovato nascosto sotto un mucchio di concime, dove si era nascosto e fu ucciso.

Quell’anno, come tutti i Comuni della Sicilia si formò anche a Ciminna un Comitato rivoluzionario, che si mise in contatto con quello centrale di Palermo. Assunse l’Amministrazione comunale e politica l’Arciprete Don Salvatore Cascino e tempo dopo dal Sig. Francesco Landolina.

Per il mantenimento dell’ordine fu istituita una guardia nazionale, comandata dal Sig. Ignazio Cocchiara.

Ciminna, allora era Sede Circondariale e perciò mandò al Parlamento Siciliano il suo rappresentante nella persona dell’Avv. Giuseppe La Porta, che nella memorabile seduta del 13 aprile 1848, votò la decadenza dei Borboni. Fatta la proclamazione del nuovo Re di Sicilia nella persona del Duca di Genova Alberto Amedeo figlio del Re di Sardegna, in Ciminna si fecero manifestazioni di giubilo con spari di mortaretti e suono di campane. Successivamente, però, ci fu nuovamente la restaurazione borbonica, e Ciminna fu costretta a fare atto di ubbidienza al Re Ferdinando.

Nel 1856 Ciminna fu visitata dalla banda di Francesco Bentivegna, che finì infelicemente per la causa della libertà. La rivolta cominciò il 22 novembre, percorrendo a mano armata i Comuni di Campofelice di Fitalia, Villafrati e Mezzojuso, mentre Davide Figlia, uno dei principali compagni di Bentivegna, si diresse a Ciminna, già sorta in arme grazie a  Luigi La Porta.

Qui lasciò la parola al Sig. Spiridione Franco che faceva parte della banda e ne scrisse la storia in un libro pubblicato a Roma nel 1899: “ Giunti a Ciminna i nostri cuori si sollevarono un poco nel vedere sventolare la bandiera della libertà, che portava Davide Figlia spiegata nelle terre comunali della Purchiarola, l’ottima banda cittadina che suonava l’inno nazionale del 1848 e Luigi La Porta che con un buon numero di Ciminnesi ci attendeva;  Davide figlia  schierò in parata i suoi uomini e così con la musica in testa, siamo entrati in Ciminna ricevendo affettuose accoglienze. Abbiamo posto in nostro quartiere generale nel Casino dei civili posto in Piazza Umberto I, ove fra l’altro si sparò ai ritratti dei sovrani.

In detto casino dei civili, il Bentivegna con Luigi La Porta, formo il disegno di sollevare Lercara, Prizzi, Corleone e Marineo e di piombare improvvisamente a Palermo; ma in quel momento, come detto prima, le sorti del Bencivenni erano ormai decisa, di lì a breve sarebbe stato catturato, processato e condannato a morte. Eseguita la condanna, Rimase come Comandante circondariale solo Luigi La Porta, colui che fu in Ciminna l’anima di quel movimento rivoluzionario, che, soffocato ma non spento con la restaurazione borbonica del 1848, doveva finalmente trionfare con l’aiuto e la direzione del Duce dei mille - Giuseppe Garibaldi, nel 1860.

In quel periodo, Luigi La Porta continuò a tessere le relazioni con gli uomini più eminenti ed influenti della rivoluzione.

Con tale preparazione d’animi è facile comprendere come Ciminna, nel 1860 sia stato uno dei primi paesi a muoversi, prima ancora che in Palermo suonasse la famosa campana della Gancia, e nel paese alcuni giovani ardimentosi con a capo Giuseppe Di Blasi, attaccarono ad una croce di legno, posta sul poggetto di S. Agata, una bandiera tricolore, che fu vista sventolare con gioia di tutti gli abitanti.

I tempi erano maturi.

Il 7 aprile, Luigi la Porta, raccolta anche a Ventimiglia di Sicilia una squadra di armati, ritornò in Ciminna con la bandiera tricolore spiegata, dove accolto dal popolo, percorse le vie principali del Paese inneggiando alla libertà e distrusse per la seconda volta i ritratti dei sovrani. Quindi, ingrossata la banda si recò in Baucina, Villafrati, Ogliastro (Bolognetta) e Misilmeri dove convocò gli uomini di pensiero e di azione e venne proclamato Presidente del Comitato Generale d’insurrezione e dichiarò centro di Governo e Quartiere Generale Gibilrossa.

Di li con la squadra e con altre sopraggiunte, sostenne diversi attacchi da parte dell’esercito borbonico, finché sopraffatte dal numero dei soldati, si ripararono nei monti ed ivi, ingrossate ancora di più da altre squadre che nel frattempo arrivavano da altri paesi percossero i Comuni di Contessa Entellina, San Giuseppe Iato, Piana dei Greci, Partinico e Montelepre.

Luigi La Porta da Ciminna era riuscito a mettere su un piccolo esercito armato di circa 1200 uomini.

Nel frattempo, i mille erano sbarcati a Marsala e diretti prima a Salemi per un incontro  con gli uomini di pensiero di quel paese e da li, con l’aiuto delle squadre siciliane del Coppola e dei fratelli Sant’Anna, conquistarono Calatafimi, mentre il luogo tenente La Masa veniva mandato da Garibaldi  a Ciminna da Luigi La Porta per organizzare l’assalto a Palermo, la conquista della quale era ritenuto indispensabile per il successo e la continuazione della spedizione e per il raggiungimento dell’unità d’Italia.

Si riunirono nel Casino di Ciminna e qui Luigi La Porta comunica a La Masa che per potere prendere Palermo, bisognava avvisare Rosolino Pilo di non effettuare l’attacco dalla parte di Monreale, località obbligatoria da chi viene dal Calatafimi, perché aveva avuto notizie riservate da parte della Curia Palermitana che si era ribellata a Re Ferdinando e da uomini di pensiero che l’esercito borbonico si era attestato in quel territorio dove aveva collocato la maggior parte dell’artiglieria pesante e  aspettava l’esercito garibaldino suggerendo inoltre che  l’attacco doveva essere fatto a sorpresa da Gibilrossa, con  assalto dalla parte della marineria di Palermo.

Detto, fatto. Avvisate e Riorganizzate le bande, Luigi La Porta, partì da Ciminna per Caccamo, Termini, Trabia ed Altavilla Milicia e si diressero a Gibilrossa.

Il 27 maggio del 1860, Luigi La Porta prese parte all’entrata a Palermo, dove si distinse nell’assalto di Porta Maqueda e con l’aiuto dei Palermitani dei quartieri Capo, Gancia e dintorni che nel frattempo erano usciti fuori con forconi e tutto quanto poteva servire, sconfissero 4000 soldati napoletani, li fecero prigionieri e li tennero così per due mesi, dopo furono liberati e con dei vascelli furono spedito a Napoli ridando loro la libertà. Luigi La Porta fu promosso da Garibaldi Colonnello sul campo e successivamente dallo stesso fu nominato Ministro della guerra, carica che tenne per pochi mesi, perché non gli piaceva stare con le mani in mano. Era nato combattente. Riprese servizio, raggiunse Garibaldi a Milazzo e da li lo seguì fino a Teano, distinguendosi nella battaglia del Volturno.

La città di Palermo, riconoscente del valore di Luigi La Porta e della sua squadra, battezzò con il suo nome una nuova Piazza, e nel primo cinquantenario del 27 maggio

 

 

1860, pose a Porta Maqueda la seguente iscrizione:

 

Addì 28 maggio 1860

Qui vittoriosamente pugnando

Contro le borboniche schiere irrompenti

Gl’insorti

Ed i volontari dell’VIII compagnia

Duce Luigi La Porta

Affidavano alla storia

Il nome della Porta Maqueda

Ora distrutta.

                                                           Giuseppe Guttilla