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Vito Mauro
 
 

Orme del tempo

 
Mestieri
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Salvatore Mannina

(Responsabile locale FENAPI)

 

Ciminna, comunità collinare che vanta tradizioni centenarie, paese che ha dato i natali a personaggi illustri che hanno fatto storia e cultura nella società italiana.

Ciminna, la “ubertosa”, ha forgiato maestri artigiani che hanno lasciato tracce nella nostra architettura urbana, le quali oggi, purtroppo, sono poco visibili a causa della deturpazione  determinata dallo sviluppo edilizio degli anni ’70 e ’80.

Timidamente qualche artigiano ancora resiste ma, c’era una volta… un tempo, che poi non fu troppo lontano ‘u fallegnami, ‘u firraru, ‘u issaloru, ‘u muraturi, ‘u panitteri, ‘u sartu, ‘u stagnataru, ‘u stazzunaru, ‘u vardiddaru, ‘u varveri, ‘u vuttaru costituivano il comparto produttivo e manifatturiero che dava sostentamento a tante persone. Purtroppo, o per fortuna, sono arrivati gli anni ’90 che hanno portato l’era di internet e della tecnologia, spazzando via professionalità che vedevano nell’artigiano un maestro, che con la sua sapienza e la sua manualità, riusciva a dotare la società di quell’arte essenziale che l’uomo ha imparato nel corso dei millenni.

Oggi l’artigiano può essere considerato una maestranza d’eccellenza in via d’estinzione.

Forse in una società che tutto commercializza e niente produce, in cui i mezzi pubblicitari hanno riempito le case di oggetti “spazzatura”, forse ci sarà nuovamente posto per chi, con le sue mani, riesce a dare forma ed armonia alle cose.

In una società che propone sempre più il modello massificante della produzione e della distribuzione, si è persa la putìa artigiana come luogo in cui avveniva la trasmissione del sapere fare e l’incontro tra l’artigiano e la sua clientela, l’artigianato costituiva molteplici ambiti produttivi nei

quali spiccavano qualità professionali, creatività, originalità, imprenditorialità, capacità di trasformazione e flessibilità aziendale. Luogo di lavoro e abitazione costituivano un unico insieme dove i ritmi e i tempi della produzione s’intrecciavano con quelli della vita domestica.

Con i mutamenti sociali, culturali e politici che si sono avuti negli ultimi decenni e con la scarsa propensione all’organizzazione del settore artigianale al fine di poter rispondere adeguatamente alla domanda di mercato, l’artigianato ha perso le sue tradizioni e nell’evoluzione

storica della società, si evidenzia non solo la perdita di antichi mestieri una volta fulcro della collettività, ma anche i rapporti sociali tra gli individui. Chissà quanti mestieri di cui non abbiamo

conoscenza, sono scomparsi a Ciminna, come la concia delle pelli (di cui è rimasta la via conceria), o il mestiere ’ri mulinari (esistono ancora ruderi di diversi mulini ad acqua), ‘u carritteri che con carretto e cavallo trasportava merci varie, che andavano dai prodotti stagionali della campagna al materiale da costruzione, spesso curati da un senzali, la lavorazione dell’argilla, l’uso di telai per la creazione della biancheria di uso domestico, u vuttaru o u varrilaru, mestieri questi che erano considerati di difficile esecuzione.

Un altro dei mestieri scomparsi è quello dello stagninu. Il suo lavoro consisteva nel fondere lo stagno e fare le saldature a stagno per aggiustari vari tipi di recipienti di rame, pentole, pentoloni, quarare.

Era uno spettacolo assistere un firraru al lavoro, intento a forgiare i ferri per gli zoccoli dei cavalli, dei muli e degli asini o a battere il ferro arroventato sull’incudine in modo quasi ritmato e meccanico; il ferro rovente perdeva la sua durezza e sotto i colpi del martello si poteva modellare, per creare arnesi e utensili per il lavoro dell’uomo.

Molti furono anche i fallignami che utilizzava le tavole per costruire porte e finestre. E c’era ’u scarparu che costruiva scarpe su misura, che si rivelano “indistruttibili”. Ma in ciò che egli si dimostrava prezioso, per le esigue finanze delle famiglie contadine, era nel lavoro di aggiustare le scarpe, risuolatura, mettere i sopratacchi e ricucire le parti che via via andavano sdrucendo. Le scarpe nuove si usavano con parsimonia nei giorni di festa. Era bello vedere gli scarpari all’opera

e non era raro osservare qualche passante che si soffermava, sedendosi, a confabulare con tali artigiani davanti al bbancareddu annerito. Esso a stento si teneva su quattro anche, diviso nella parte superiore in tanti scomparti utilizzati per contenere gli attrezzi, specialmente i meno ingombranti, e tutta una serie di piccoli chiodi; più in là una sedia sgangherata e qualche banchetto in legno per occasionali visitatori. A completare un lavoro artigianale ben fatto, si accompagnavano la solerzia, la pazienza e la passione dell’artigiano.

Inoltre ricordiamo i camperi, addetti all’organizzazione e alla guardia dei feudi, i mietitori e gli spiculari, i quali dopo la mietitura del grano raccoglievano le spighe che rimanevano sul terreno, e l’innestatore, la cui abilità consisteva nella conoscenza, spesso dettata dall’esperienza, della compatibilità dei due soggetti, portainnesto ed innesto, per evitare inutili perdite di tempo e di reddito.

Nel campo femminile, accanto al mestiere della sarta, era praticata anche l’arte del ricamo. Spesso esso era eseguito per l’allestimento della dote delle ragazze della famiglia. Il lavoro del ricamo si svolgeva, a secondo della estensione del capo da ricamare, o in un lungo telaio tilaru, in cui si lavorava a quattro mani, o in un maneggevole telaio formato da due cerchi concentrici, di diametro di 30 cm circa, in cui si incastra il tessuto. Da menzionare, inoltre, il lavoro ad uncinetto nonché il lavoro ai ferri il quale era eseguito dalle vecchiette che spesso si riunivano sull’uscio di casa, ricordando il loro passato.

Con i ferri si facevano calze e maglioni per tutta la famiglia. Questi lavori si tramandavano da madre in figlia.

Con la scomparsa di mestieri, alcuni dei quali ripresi dalle foto di Eduardo, si perdono pezzi di memoria e di identità.

Una volta l’economia del paese si basava sui prodotti della terra dei contadini e sui lavori artigianali. Erano mestieri di grande pazienza, precisione e umiltà che rispecchiavano lo stile di vita della comunità fondato sulla fatica, sul lavoro e su valori, ormai scomparsi.

Molte attività artigianali oggi sono scomparse perché non si sono adeguate alla realtà economica dei tempi e all’evolversi delle tecnologie industriali.

La Federazione Nazionale Piccole Imprese, considerato che il problema della disoccupazione giovanile ha assunto dimensioni allarmanti, da tempo, propone degli interventi a favore delle imprese artigiane, come ad esempio tecnicizzare i processi produttivi e di commercializzazione, pur senza mortificare la spontanea creatività che caratterizza l’attività artigianale.

Il problema riveste una particolare importanza in un momento storico come quello attuale, in cui l’economia nazionale e meridionale sta attraversando momenti di crisi e di caduta dei livelli produttivi ed occupazionali.

Ma noi del FENAPI siamo convinti che è proprio nei momenti di difficoltà che bisogna guardare innanzi con slancio e con audacia, cercando di restituire all’uomo la soddisfazione del fare.

 

Salvatore Mannina

(Responsabile locale FENAPI)

 
Fabbro
Falegname
Al Frantoio (pronti per l'olio)
Al Frantoio (pronti per l'olio)
 
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