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Vito Mauro
 
Introduzione di "Orme del Tempo"
 

Ciminna

 
 
Introduzione - Tommaso Romano
 
 

C’è una trama antica e nuova in questo libro di memoria e collezione: è la necessità di salvare le tracce del tempo, di eternare l’istante.

Una comunità, un popolo degno e consapevole, hanno la pazienza di non cedere allo spaesamento, coltivano le orme del tempo più o meno prossimo e ne raccolgono temi, e valori, fatti di parole e immagini, di suoni e di carte, di oggetti del quotidiano e della festa, in un impasto identitario che resiste all’omologazione, all’indistinto planetario, all’ovvio.

Senza per questo vivere di ricordi incapacitanti.

È una antropologia profonda quella siciliana, tanto magistralmente studiata dalla scuola eccellente che da Pitrè arriva a Cocchiara, Bonomo, Brancato, Rigoli e ai Buttitta.

Bene, Ciminna, il suo popolo, il suo territorio sono parte di una centralità siciliana che non può e non deve ridursi a museificazione, a mero nostalgismo.

La fotografia ha una straordinaria storia da raccontare dalla seconda metà dell’ottocento in poi, anche per la provincia palermitana che vanta una illustre tradizione di illustri studiosi, nelle varie componenti storico-interpretative, da Rosario La Duca a Paolo Morello.

Quanto si è rintracciato, ha avuto una sorta di apoteosi nella indimenticabile mostra dei Musei di Storia della Fotografia dei Fratelli Alinari “Fotografi e fotografie a Palermo nell’ottocento”, svoltasi nel Loggiato di San Bartolomeo a Palermo nel 1999, per volontà dello stesso Museo Alinari e dell’Assessorato alla Cultura della provincia Regionale di Palermo, da me retto in quegli anni e con la cura di P. Morello, Michele Falzone del Barnabò e di Monica Maffioli.

L’opera preziosa di individuazione e raccolta di temi inerenti Ciminna e il suo popolo, si deve ad un valoroso appassionato: Eduardo Paladino.

Questo libro, costruito con autentico intelletto d’amore e ricco di splendide citazioni ha per curatore Vito Mauro anch’egli, come Paladino, immerso con partecipe dedizione a quella che possiamo definire una sapiente e viva rinascenza etnostorica.

Dedito, grazie al padre, fin da giovanissimo a ritrarre, rintracciandola, la vita quotidiana di Ciminna e dei Suoi abitanti, Eduardo Paladino è un impressionista en plein air, il ricercatore di volti e storie minute, di tradizioni e di oggetti che nella vita dei campi esercitano una antica sovranità. Sono fotografie relativamente recenti (qualche decennio fra le più antiche) ma hanno tutto intatto il rigore del documento, il fascino di una storia antica da non obliare, quando l’uomo che nei suoi gesti quotidiani, che nel suo duro lavoro si piega e si realizza, conquistando il riscatto, e acquisendo una dignità, una genealogia di qualità.

Sono ritratti di uomini e donne della vita comune di Ciminna, volti immersi in un clima antico, anziani che hanno scolpito il loro tempo nel volto come sigillo di nobiltà, perché anche la terra è nobile con i suoi uomini quando li accoglie in seno, quando dà fiato e amore anche nella ruvida, ancestrale condizione della difficile lotta per l’esistenza.

Non è un caso che l’immenso libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo”, abbia trovato nel genio di Luchino Visconti la sua metamorfosi assoluta, in un film che resta storia del cinema e dell’arte, e non è un caso – come noto – che Ciminna sia stata scelta nei suoi monumenti, nella Chiesa madre, nei volti del suo popolo, come naturale e incontaminato luogo di scene memorabili.

Nel libro della memoria di Ciminna, nelle fotografie di Paladino i figli appaiono ancora come i nonni, a ripetere costumanze antiche.

Si dirà: la durezza va scomparendo, la meccanica, la tecnologia aiutano oggi – anche a Ciminna – l’uomo.

È vero, come negarlo. Ma questa fotografia come lacerto della memoria, forse ci ricordano che non sempre il progresso è armonia, è felicità, è buon vivere.

La perdita inesorabile di riti e usanze popolari, di gusti e sapori, può però salvaguardarsi nell’anima dei luoghi, nel cuore della tradizione che è consegna innanzitutto spirituale e morale, nella fede dei padri, nella civiltà in una parola, che questi scatti ci consegnano per meditare e rievocare, a dimostrazione che il tempo permane, senza prima né dopo.

Diviso in stazioni ideali, segmenti che formano una totalità organica, nel libro rintracciamo le scene di botteghe artigiane, le masserie, gli antichi mestieri, la vita dei giovani e i loro giochi essenziali, gli animali che sono stati – vedendo asini, muli, pecore, vacche – fedeli e fondamentali compagni dell’uomo nel suo lavoro, anch’essi protagonisti di queste fotografie.

Il bianco/nero delle fotografie di Paladino è perfetto nella sua estrinseca verità di fondo, parla, comunica molto sapendo cogliere umori e sensazioni, il vissuto dell’immagine proposto più e meglio del colore. E ciò vale per gli squarci del paesaggio e pure per gli interni, per le masserie e le case dei contadini con gli strumenti, gli oggetti perduti nella modernità, per la campagna, per “l’asprezza della terra”, (Tomasi di Lampedusa), da far fruttificare come madre.

Anche le scene di vita collettiva, i dialoghi al circolo, le donne davanti casa sempre laboriose, il riposo dei vecchi, il rito del cibo, il gioco e la festa, il canto e la grande tradizione musicale di Ciminna e dei suoi complessi bandistici, sono gli indicatori della traccia del tempo che l’obiettivo fissa, a cui inizialmente mi riferivo.

Questa epopea del quotidiano che Paladino ci consegna, senza artifici e nell’incanto delle sfumature, coralmente con le testimonianze che corredano il libro e che sono assai opportune, oltre che documenti esemplari di sicuro interesse, si unisce nel volume con la scelta di schegge di pensiero, di aforismi e proverbi, alcuni dei quali rintracciati fra la letteratura alta.

Tutto questo tende quasi a formare un affresco, ove sacro e profano, quotidiano ed eterno, sanno convivere e rispecchiarsi vicendevolmente come segno e destino, e che possiamo condividere in senso universale.

Diceva Giusti che un libro è men che niente se il libro fatto non rifà la gente. Questo libro con lo stupore, la curiosità, la passione e l’amore che lo contraddistingue, rifà certamente una comunità nel suo complesso vivere, ci restituisce l’avventura unica e irripetibile di ogni singola esistenza come storia, come interiorità, come lucente bagliore che essendo dettato dall’anima, non conosce addii.