Corso di Musica |
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Le note musicali Le note musicali come tutti sanno sono sette: qui possiamo vedere per ogni nota la sua corrispondente altezza in un pentagramma in chiave di Sol.
Il Do della figura è anche chiamato Do centrale per distinguerlo dagli altri Do (ad esempio da quello dopo il Si posto tra la quarta e la terza riga). Bisogna infatti ricordare che in un pianoforte le sette note si ripetono ben sette volte e in alcuni casi anche otto. Per determinare univocamente ogni nota si è deciso allora di numerare le ottave; in questo modo avremo che il Do centrale è anche chiamato Do 3. Quindi le note della figura possono essere anche chiamate Do 3, Re 3, Mi 3, Fa 3, Sol 3, La 3, Si 3. Il valore delle note è fissato dalla diversa grafia utilizzata. Questa non indica una durata assoluta (non dice che quella nota deve durare mezzo secondo, un secondo, ecc.) ma una durata relativa (in rapporto alla durata di un altro suono). Parallelamente alla durata delle note si definiscono le pause: esse non sono altro che dei segni che indicano la durata di silenzio, cioè il tempo per il quale non si deve suonare. Nella seguente tabella possiamo vedere la grafia utilizzata per ogni nota e della relativa pausa in ordine di durata: ogni nota vale cioè il doppio della nota immediatamente posta sotto di essa o la metà della nota posta immediatamente sopra.
Con un pentagramma non si riesce a scrivere tutte le note di un pianoforte: vediamo infatti che già il Do 3 non è contenuto all'interno del pentagramma ma occorre aggiungergli una lineetta detta taglio addizionale che lo distingue più chiaramente dal Re 3. Questo discorso può essere fatto anche per le note più gravi o più acute.
Qui vediamo raffigurati il Mi 2, il Fa 2, il Sol 2, il La 2, il Si 2 e poi il Do 3. Logicamente più si aggiungono i tagli addizionali e più si rende difficoltosa la lettura delle note. Ecco perché oltre alla chiave di Sol esistono altre chiavi per poter leggere le note di un registro più grave o più acuto.
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Le chiavi
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I segni di alterazione In un pianoforte oltre ai tasti bianchi che costituiscono le note abbiamo i tasti neri che sono note alterate. Per indicare queste note nel pentagramma si usano solitamente due simboli: il diesis (#) o il bemolle (b) da mettere accanto alla nota. Abbiamo così il quadro completo della tastiera:
Come si può notare tra le note Mi e Fa (anche fra Si e Do) non c'è il tasto nero. Questo perché Mi e Fa sono separate dal più piccolo intervallo che il sistema temperato permette, cioè il semitono. L'intervallo tra le note Do e Re, Fa e Sol, Sol e La, La e Si è invece detto tono. Ripetendo questo ragionamento partendo dalle note alterate possiamo dire che fra Do # e Re c'è un semitono mentre tra Do # e Re # c'è un tono. Il fatto che per una stessa nota alterata vengano usati due nomi è dovuto al fatto che in antichità i diesis e i bemolle non combaciavano. Questa unione è avvenuta solo nel XVIII Secolo. Oltre a questi simboli ve ne sono degli altri che riporto nella seguente tabella.
Occorre infine ricordare che il Mi # è il Fa naturale e di conseguenza Fa bemolle è il Mi naturale. Stesso discorso tra Si e Do (Si # = Do e Do bemolle = Si). |
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La Tonalità Indica i segni di alterazioni in chiave ovvero le note che hanno un'alterazione predefinita e che quindi viene segnata all'inizio del pentagramma e non su ogni nota per non rendere troppo densa e inutile la scrittura musicale. I segni di alterazione in chiave indicano quindi la tonalità del pezzo che può essere maggiore o minore a seconda della successione di toni e semitoni. Una scala maggiore è composta da 2 toni, un semitono, tre toni e un semitono. Per esempio la scala di Do maggiore è data semplicemente dalla successione delle sette note partendo dal Do dato che rispetta già questi intervalli. Abbiamo infatti
La scala di Sol maggiore deve essere corretta alterando il Fa con un diesis per rispettare la successione di 2 toni, un semitono, tre toni e un semitono.
Rifacendo questo ragionamento per le altre scale maggiori possiamo sapere quante alterazioni occorrono in chiave per esse. La scala minore è invece composta da un tono, un semitono, due toni, un semitono e due toni. La scala minore che corrisponde a questi intervalli senza alterare nessuna nota è quella di La minore.
Anche in questo caso avremo che la scala di La minore non presenta alcuna alterazione in chiave. Ripetendo quanto appreso possiamo costruire le altre scale minori. Qui possiamo vedere una tabella con le corrispondenze tra tonalità e segni di alterazione. Senza segni di alterazione
Con i diesis
Con i bemolle
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Il ritmo (metrica) Lo spazio compreso tra due stanghette verticali poste sul rigo musicale che hanno uguale durata è detto battuta. Per indicare tale durata si utilizza all'inizio del pentagramma una frazione: il numero superiore indica il numero di note massimo che vi sono in una battuta, il numero inferiore ne specifica il tipo (metà, quarto, ottavo, sedicesimo). Ogni battuta ha infatti un numero di note tali che la somma delle durate indica esattamente le note indicate nella metrica. Nella tabella seguente si possono vedere la maggior parte delle metriche utilizzate anche se è comunque possibile specificare anche metriche non regolari come 5/4, 7/8, 11/16, ecc.
Altri tempi meno utilizzati sono il 3/2, il 5/4 e il 4/8. Occorre precisare che i ritmi con al denominatore l'ottavo sono detti ritmi composti per la diversa distribuzione degli accenti. Bisogna infatti ricordare che il ritmo fissa anche un accento (detto accento ritmico) che permette di stabilire quali sono le note più forti e quelle più deboli. Nei ritmi semplici (2/4, 3/4, 4/4) vi è un'alternanza tra accento forte e accento debole. Accenti del ritmo 4/4
Nei ritmi composti il movimento è suddiviso in tre (battere, levare, levare) e non in due come nei ritmi semplici (battere, levare) Accenti del ritmo 3/8
Nei ritmi composti l'andamento avviene quindi in gruppi di tre e non di due. Per meglio capire questo fatto ecco un esempio. Il ritmo di 6/8 contiene gli stessi ottavi del 3/4: quello che cambia è la disposizione degli accenti ritmici. Ciò viene ulteriormente sottolineato dal raggruppamento degli ottavi: due note per il 3/4, tre per il 6/8.
Ricordo infine che per il ritmo 4/4 e per il 2/2 vengono spesso usati i seguenti simboli.
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Il punto di valore Ponendo un punto accanto ad una nota o ad una pausa si aumenta la durata della sua metà. In questo modo si possono costruire note che valgono 6/4, 3/4, 3/8, ecc.
Con il punto di valore si possono creare alcune figure caratteristiche molto interessanti dal punto di vista ritmico.
Ad una nota può essere aggiunto anche un secondo punto di valore: tale punto aggiunge un quarto del valore della nota originaria.
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La legatura Legatura di valore In certi casi anziché utilizzare il punto di valore risulta più immediato utilizzare la legatura di valore. Essa non è altro una linea curva che collega due note poste alla stessa altezza. E' particolarmente comoda in passaggi molto complessi e per legare il valore di note poste in due misure diverse.
In questo caso la nota della figura dovrà durare 8 quarti, perciò la seconda nota non viene ribattuta. Risultano così più chiare le durate assegnate con i punti di valore.
Legatura di espressione La legatura di espressione è invece una linea curva che raggruppa una frase musicale e prescrive un'esecuzione legata o comunque tale da sottolineare l'appartenenza delle note comprese in essa. Non può quindi confondersi con la legatura di valore dato che questa può raggruppare solo due note consecutive alla stessa altezza. Qui vediamo un impiego di entrambe.
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