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L'infinito

a cura di

Giulia Gattuso

 

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La storia dell’uomo prende forma dal momento in cui qualcuno decide di raccontarla.

 

Emozioni, sentimenti ed affetti lasciano un segno indelebile quando un poeta decide di narrarli, magari con un tocco di buon gusto ed un pizzico di espressività.

 

È allora che qualcuno li legge, ed ecco che il suo cuore, anche solo per

 un istante, prova la stessa forte emozione del poeta..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’ infinito ha da sempre suscitato la curiosità di filosofi, scienziati ed artisti;

a renderlo unico fra i tanti oggetti di studio, è la sua capacità

di affascinare l’uomo di qualunque ceto sociale e culturale.

 

 E’ un concetto talmente forte da far rabbrividire

qualunque essere umano vi dedichi il pensiero.

 

Artista

Caspar David Friedrich

Titolo

Viaggiatore in un mare di nebbia

Anno

1818

Tecnica

Olio su tela

Ubicazione

Kunsthalle (Amburgo)

Dimensioni

98 × 74 cm (38.58 × 29.13 in)


Il viandante sul mare di nebbia

 

Non è possibile parlare di “sublime” senza fare un breve accenno al  celeberrimo quadro ottocentesco “Il viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich. Quest’opera, manifesto del Romanticismo tedesco, esprime la poetica del pittore: il sublime che viene trasposto nel senso di spaesamento dell’uomo che davanti alla maestosità della natura evidenzia la limitatezza e la piccolezza della sua umanità.

Il soggetto di spalle coinvolge l’osservatore che s’immedesima proprio in quell’esule, tema quest’ultimo caro ai romantici, privo di fisionomia. Egli è intento a contemplare lo scenario e sembra far navigare i suoi pensieri in uno spazio infinito, illimitato.

Il nostro smarrimento viene alimentato dalla natura circostante: rocce che emergono misteriosamente, montagne irte che s’intravedono in lontananza; tutto pare avvolto da una foschia inquietante che a livello cromatico non contrasta con il cielo. Katia Catalano

 

Abituati a vivere la nostra quotidianità fatta di piccole cose, obbligati

 a procedere entro limiti fisici e temporali imposti dalla natura …

 pensare all’infinito o all’eterno ci fa sentire piccoli,

 impauriti ed impotenti.

 

Per questo motivo si è sempre cercato di vedere in  qualcuno

il "capo" di tutta questa enormità,

qualcuno in grado di guidarci e proteggerci.

 

Gli antichi greci credevano nella moltitudine di dei

responsabili del susseguirsi degli eventi;

essi erano figure paterne e potenti, buone o cattive,

spesso guidate in un certo qual modo dai sentimenti.

 

Colpiti da ira  scatenavano tempeste o terremoti.

A volte l'impossibile accadeva per merito loro.

 

Aristotele studiò l’infinito con un approccio sistematico.

Egli dice nella "Fisica" :

_______________________________________________

L’indagine che riguarda l’infinito presenta difficoltà,

infatti sia a porre che esista, sia a porre che non esista,

ci si imbatte in numerose contraddizioni (…)

si pone inoltre la questione di cosa sia:

se è sostanza o attributo a una qualche natura. (…)

In primo luogo bisogna, dunque,

definire in quanti modi si dice infinito:

L’infinito mediante composizione è in certo modo

il medesimo dell’infinito mediante divisione;

nella cosa limitata infatti l’infinito mediante composizione

si produce all’inverso dell’altro.

Nella misura in cui, infatti, ciò che viene diviso viene diviso

 all’infinito, in tale misura l’aggiungere successivamente sembra

 ricostituire la cosa limitata.

 

Ad un certo punto sono uguali.”

__________

Se io prendo un pezzo di legno e lo divido in dieci pezzi, l’atto che

 segue ogni mia decisione è un atto limitante. Mi trovo davanti a

 dieci pezzi, non ad infiniti pezzi.

Ma potenzialmente posso dividere all’infinito.

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Il tempo è infinito sia rispetto all’addizione

sia rispetto alla sottrazione,

ma come si fa a vivere il tempo dopo che una parte di tempo è passata?

 

Così Aristotele distingue infinito in potenza ed in atto:

non c’è mai un istante in cui l’infinito è tutto presente.

Egli, facendo tale distinzione, vuole rispondere ai paradossi di

 Zenone: pensiamo ad esempio al paradosso di Achille:

 

Secondo Aristotele, La tartaruga sarà raggiunta

non appena si conceda che il percorso

è una linea finita.

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